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Bentornati a casa

La subsidiary italiana di un’azienda tedesca di presidi medici ci ha chiesto di facilitare una parte del sales meeting.

Il contesto

Dopo mesi di pandemia e quindi di distanza, che non ha rallentato la crescita degli ultimi anni, l’azienda aveva bisogno di rafforzare il legame con il team del sale.

L’occasione è stata anche l’imminente trasferimento nella nuova sede, che ha permesso, anche simbolicamente, di segnare un nuovo inizio

Il nostro intervento

Noi siamo intervenuti proponendo un workshop Lego® Serious play®, la metodologia ideale secondo noi, per lavorare sull’identità del team e sulla vision.

Il gruppo era numeroso ed abbiamo deciso di dividerlo in due lavorando in due facilitatori, in parallelo, per poi unire i due gruppi per estrarre una sintesi comune.

I partecipanti non avevano mai lavorato con Lego® Serious play® per questo abbiamo deciso di partire in modo tradizionale con la parte di Skill Building e fare quello che a volte si chiama Setting the Stage. Permette a tutti di verificare che sono in grado di costruire qualcosa con i mattoncini, anche se non ci hanno mai giocato nella loro infanzia.

E’ sempre motivante osservare le faccia prima stupite delle persone a cui proponiamo di “giocare” con i mattoncini, e poi un misto tra contente ed incredule.

Contente perché la parte ludica e di divertimento è importante e noi la teniamo viva per tutta la durata del workshop.

Incredule per la potenza del metodo e per i risultati che emergono con facilità e velocemente.

Lego® Serious play®

I due team hanno partecipato attivamente per tutto il tempo. E questo è un altro dei risultati del metodo, denominato anche 100 – 100:

  • partecipano il 100% delle persone presenti, non è possibile estraniarsi, o trincerarsi dietro il silenzio, il metodo richiede la costruzione di un modello, in base alle istruzioni del facilitatore, e la sua illustrazione agli altri
  • si partecipa per il 100% del tempo, guidati dal facilitatore si construisce e si racconta quello che contiene il modello costruito.

Questo è uno dei più importanti risultati dell’applicare Lego® Serious play®. Non ci possono essere persone che “guardano” durante un workshop.

In genere usiamo sempre una presentazione per introdurre il lavoro da fare e, sopratutto, per introdurre la challange sulla quale si vuole lavorare.

Come sanno gli addetti ai lavori, Lego® Serious play® necessita di un problema da risolvere, di una domanda a cui dare risposte.

E’ un potente strumento di mediazione tra la nostra mente e la realtà, un ottimo strumento di rappresentazione di concetti astratti, di metafore.

Conclusioni

L’azienda ha trovato estremamente efficace l’utilizzo di Lego® Serious play® perché in poco tempo ha permesso di lavorare con tutte le persone sul loro concetto di team e su quali caratteristiche potevano essere utili per avere successo.

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CHANGE

Il coaching come strumento di change management

Come il coaching può essere un valido alleato in un processo di cambiamento

Il cambiamento, si sa, suscita molto spesso resistenze. A volte sentiamo dire che le persone non amano i cambiamenti, che amano le consuetudini e che preferiscono stare nella loro confort zone.

Tutto vero, salvo poi constatare che tutti facciamo tanti cambiamenti nella nostra vita. Quindi forse sarebbe meglio dire che le persone non amano i cambiamenti che non capiscono.

Nella maggior parte dei casi i cambiamenti aziendali sono cambiamenti che, a parte chi li ha progettati, le persone subiscono, e molto spesso non capiscono per tanti motivi che affrontiamo in questo articolo.

Ci sono svariati modelli di change management che danno valide indicazioni su come gestire un processo di cambiamento. Per esempio, alcuni che partono dal punto di vista dell’individuo:

  • Il modello di Kurt Lewin che comprende le fasi di
    • lo scongelamento, o il superamento dell’inerzia
    • la confusione, data dalla transizione
    • il ricongelamento, o il consolidamento del nuovo stato raggiunto
  • il modello di Kübler-Ross, che parte dalla fasi che attraversa una persona che ha subito una perdita:
    • negazione o rifiuto
    • rabbia
    • patteggiamento
    • depressione
    • accettazione

Dal punto di vista aziendale modello più diffuso è quello chiamato ADKR sviluppato da Prosci, che comprende:

  • Awereness, consapevolezza
  • Desire, determinazione
  • Knowledge, conoscenza (di come fare)
  • Ability, attitudine, formare le persone
  • Reinforcement, sostegno, consolidamento

Esiste una formula che prende in considerazione le forze in gioco in un cambiamento, è la formula di Gleicher

D x V x F > R

Il cambiamento è possibile se, l’insoddisfazione (D) per la visione futura (V) per i primi passi concreti verso il cambiamento (F) risulta maggiore delle resistenze (R)

Quello che mi colpisce di questi approcci al cambiamento è che presuppone sia un processo meccanicistico da trattare con un processo lineare.

Ho imparato, anche personalmente, che dove ci sono delle persone in relazione tra loro, siamo di fronte ad un sistema complesso da trattare con approcci empirici e non dettati dalla presunzione di poter conoscere le relazioni causa – effetto che governano quel sistema.

Su come suddividere i sistemi, e su come gestirli, un modello che trovo molto funzionale è quello di Dave Snowden, CYNEFIN che trovo utile per decidere quale approccio usare a seconda del sistema che mi trovo di fronte.

Le aziende sono sistemi complessi, fatte di persone in relazione tra loro. Relazioni che molto spesso non sono note e di cui vedo solo gli effetti, senza riuscire a ricondurli ad una o più specifiche relazioni.

In una situazione di questo genere, pensare modificare un sistema complesso con un processo meccanicistico capite bene che non può essere un approccio vincente.

Ecco che il coaching ci può essere di aiuto in un processo di cambiamento proprio per gestire al meglio le varie fasi che avremo individuato.

Un percorso di coaching è, esso stesso, un processo di change management. Dove la gestione viene condivisa tra Coach e Cliente. Il primo occupandosi del processo da seguire ed il secondo del contenuto.

Ad onor del vero anche per il percorso di coaching troviamo approcci meccanicistici e lineari, come il modello G.R.O.W. di John Whitmor che prevede di:

  • Goal, definire l’obiettivo
  • Reality, identificare la condizione presente
  • Options, esplorare le opzioni possibili
  • Will, mettere a punto un piano di azione

Ma tornando al nostro processo di change management, che possiamo immaginare sia stato progettato secondo uno dei modelli visti in precedenza, o altri, ma sempre con un approccio lineare, vediamo come usare il coaching.

A prescindere dal modello che vogliamo usare per governare il nostro processo di change possiamo sicuramente dire che partendo dalla situazione attuale A vogliamo arrivare ad un nuovo stato finale B. Il modo con cui arrivarci è il nostro piano da mettere in atto.

Business transformation innovation.

Affinancare nelle varie fasi un approccio di coaching può aiutare le persone, e l’azienda che ha deciso il cambiamento, prima di tutto

  • a comprendere il cambiamento, ad acquisire la consapevolezza di cosa ha spinto l’azienda a pianificare quello specifico cambiamento, a verificare quando è aderente con i desidere delle persone che lo devono mettere in atto;
  • può contrbuire a far emergere l’adesione al cambiamento;
  • far convergere obiettivi aziendali e personali attivando punti di vista diversi, non convenzionali ed innovativi;
  • a far emergere le vere resistenze, le motivazioni profonde
  • a ridefinire il piano di azione
  • a modificare il punto di arrivo recependo quanto emerso nella fase di cambiamento.

La fase di maggiore utlitità di un approcci di coaching è quella precedente, cioè quella di definizione del cambiamento da attuare. In questa fase identificare obiettivi reali ed esplorare le motivazioni che mi spingono in quella direzione possono essere una delle migliori premesse per in processo di cambiamento efficace e condiviso. Cerco sempre di suggerire un approccio iterativo incrementale con dei momenti di verifica, che fanno parte della fase di messa a terra del metodo di intervento di variacion.

High speed studio photography, moment of the impact of a bullet on a classic electric bulb. Detail of glass explosion, blue and purple lighting. Concept of obsolete energy.

Supporto all’innovazione

Una primaria azienda italiana ci ha ingaggiati per dare supporto al loro primo concorso interno sull’innovazione.

Il contesto

Il concorso interno aveva l’obiettivo di selezionare un team tra tutti i partecipanti, che avrebbe potuto realizzare il proprio progetto. Il budget era volutamente limitato come il tempo a disposizione da trovare tra il consueto lavoro.

Il contest prevedeva una prima selezione per arrivare a cinque team che avrebbero avuto due mesi per consolidare la lora idea e partecipare alla selezione finale con un solo vincitore.

Il nostro intervento

Noi siamo intervenuti partecipando alla progettazione della seconda fase di supporto ai team proponendo un approccio agile per due motivi:

  • lavorando a tempi e costi fissi uno dei migliori approcci è quella iterativo incrementale che si concentra sul valore prodotto/rilasciato
  • poter fornire un nuovo approccio adatto a contesti complessi, avendo la possibilità di sperimentarlo.

Abbiamo così previsto:

  • una prima fase di formazione a tutti i team, circa quaranta persone, cercando di creare il più possibile aule con persone di team diversi. Questo ha fornito le basi teoriche per poter sperimentare e mettere in pratica al meglio il nuovo approccio
  • una seconda fase di supporto di agile coaching durante le iterazione, gli sprint, lavorando sopratutto sull’approccio iterativo incrementale e sull’accettare di non aver definito tutto e subito.

La formazione si è concentrata sul framework Scrum, che poi avremmo applicato per in quattro sprint per due mesi. E’ stato interessante confrontarsi con persone abituate ad una rigida programmazione e pianificazione, spesso con evidenti criticità, per discutere di un modo nuovo di approcciare i progetti ed i problemi.

Il supporto invece è stato un “classico” agile coaching ai team guidandoli nell’applicazione dell’approccio iterativo incrementale e del framework Scrum.

Il framework Scrum

Il backlog

Per prima cosa abbiamo definito il backlog, la lista ordinata in termini di priorità delle cose da fare. Nei primi incontri abbiamo aiutato i team a capire cosa serviva, cosa fare per prima, e ad “accontentarsi” di approfondire tutto, ma solo le cose da fare per prime. In questo caso la sfida, con coach, è quella di tenere il team focalizzato sul presente e l’immediato futuro, senza fuggire troppo avanti.

Il Backlog

I working agreement e gli sprint

Per iniziare, ogni team, doveva definire come lavorare, quelli che generalmente chiamiamo working agreement. I team agile sono autorganizzati, e questo, anche se è uno stato a cui tutti dicono di ambire, inizialmente li disorienta. In questo caso, la mia risposta da coach tipica è:

lo dovete decidere voi.

I team ci mettono un po’ ad appropriarsi della loro possibilità di definire alcune cose, non aspettando che altri lo facciano per loro.

Una volta definite le regole per agire abbiamo fatto partire gli sprint e facilitata tutti gli eventi relativi, planning, daily, review e retrospettiva. Di questa ne parliamo a parte.

La retrospettiva

La retrospettiva è, per me, l’evento del framework Scrum più importante. Ed in genere quello che trova maggiori resistenze nei team nuovi all’applicazione del framework. Trovo che sia anche l’evento che ha più senso introdurre a prescindere da agile e Scrum.

Le differenze rispetto ad un momento di riflessione su come si è lavorato, sono:

  • che viene fatto durante il progetto, a cadenza fissa
  • che richiede esplicitamente di definire delle azioni di miglioramento da mettere in pratica nella iterazione successiva.

Conclusioni

E’ stato un bel percorso che l’azienda ha valutato positivamente considerandolo come “un progetto pilota” per una futura diffusione del mindset agile in altri settori.

Il percorso fatto assieme ha permesso di conoscere e mettere in pratica il mindset agile ed il framework Scrum saggiandone le potenzialità in contesti complessi.

Ha permesso anche di sperimentare con ottimi risultati la creazione di team cross-funzionali e autorganizzati.

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WISE LEADERSHIP

E’ il momento della “Leadership saggia”.  Ma siamo sicuri che sia una scelta possibile?

E’ interessante notare che su un elemento cruciale per l’efficacia e l’efficienza dei processi organizzativi com’è appunto la leadership, a intervalli quasi regolari vengono proposti nuovi paradigmi contrassegnati da nuovi criteri operativi e nuovi presupposti teorici.

Il che è una conferma indiretta del fatto che a tutt’oggi non si è ancora riusciti a definire un modello soddisfacente di leadership, e che quelli che sembrano tali vengono via via smentiti dalla realtà della vita aziendale.

Negli anni abbiamo visto avvicendarsi Leadership transazionale (E.Hollander); Leadership situazionale (P.Hersey, K.Blanchard); Leadership carismatica (M.Weber); Leadership generativa (R.Dilts); Leadership trasformazionale (J.V.Downton); Servant Leadership (R.K.Greenleaf).

Ora è il momento della Wise Leadership (B.McKenna, D.Rooney, K.Boal): che cosa la contraddistingue?

I tre autori spiegano la capacità intuitiva dei leader saggi come:

esperienza che comprende, auto-comprensione e una qualità metafisica.

B.McKenna, D.Rooney, K.Boal

I leader saggi, dicono, riconoscono:

il sensoriale e il viscerale come componenti importanti del processo decisionale e del giudizio … che non li vincolano assolutamente alle regole della ragione, consentendo così visione, intuizione e lungimiranza

B.McKenna, D.Rooney, K.Boal

I leader saggi sono consapevoli di sé, consapevoli dei propri pregiudizi, dei propri condizionamenti sociali e quindi in grado di moderare la tendenza all’eccesso di ottimismo con i propri istinti intuitivi.

Ma hanno anche imparato ad apprezzare l’intuizione, avendo appreso a usarla bene in combinazione con la loro capacità razionale ed esperienza.

La saggezza in un’indagine su un panel di dirigenti

Una indagine su 182 dirigenti coordinata da Mike Thompson, Professor of Management Practice and Director of the Centre for Leadership and Responsibility (ECCLAR) at the China Europe International Business School sembra supportare questa visione:

  1. Il leader saggio ha lungimiranza;
  2. Il leader saggio usa la ragione, l’esperienza e l’attenta osservazione;
  3. Il leader saggio tiene conto di elementi non razionali e soggettivi quando prende decisioni e,
  4. Il leader saggio ha un orientamento al di là dell’interesse personale e verso il Bene Comune.

Agli intervistati era stato chiesto inoltre se, nella loro esperienza, potevano descrivere come la saggezza potrebbe aggiungere qualcosa in più al processo decisionale. Ecco una risposta significativa:

La saggezza è l’elemento critico che separa le buone decisioni da decisioni brillanti e di successo, nonché ciò che separa il processo decisionale di leader efficaci da quello di semplici manager o capi

Alla prova dei fatti

Certo sarebbe bello se la leadership saggia potesse finalmente far aumentare la fiducia dei collaboratori nei loro capi, attualmente attestata attorno a uno sconfortante 24%  (R.I.Sutton).

Sta di fatto però che tutti i modelli di leadership proposti ad oggi, compreso quest’ultimo, sono viziati da una mancanza di cultura sistemica.

Parlano infatti di “qualità” e “skill” del leader come se fossero suoi tratti personali. Ma è un approccio antiscientifico: la realtà è un’altra.

Siamo ancora influenzati da una modalità di pensiero vecchia di almeno un secolo, che ci porta a credere che le qualità espresse da una persona siano manifestazioni di una sua “personalità “.

Non è vero: qualunque qualità è espressione di una relazione tra un soggetto e un contesto. La qualità emerge dal processo, non dall’individuo.  

Dunque, non “tratti della personalità “, ma circolarità di competenze e motivazioni tra soggetti diversi. Ne consegue che non può esserci un leader saggio con un team saggio all’interno di un’organizzazione strettamente focalizzata su produttività, profitto e competizione ad ogni costo.

La wise leadership, per potersi dispiegare, necessita di un contesto appropriato.  Provate a prendere i quattro punti elencati nel paragrafo precedente e al soggetto “Il leader saggio” sostituite “l’azienda saggia”. Quante tra le aziende che conoscete soddisfa tutti i punti, l’ultimo in particolare?

A dispetto di ciò, Mike Thompson resta ottimista:

Ci  sono molti leader aziendali che non attraggono i titoli dei media ma che sono ammirati all’interno dei loro circoli per la loro capacità di vivere al di là del loro interesse personale e nel dare giudizi che servono il bene di tutti. Ciò non significa che la saggezza non si prenda cura del proprio interesse personale, significa semplicemente che esiste una saggezza per vivere per un mondo più grande. Occorre combattere le cattive notizie con altre buone notizie su aziende e marchi che vogliono fare del bene nel mondo e fornire ritorni finanziari 

In conclusione: la wise leadership esiste, può funzionare, ma oggi non è la norma e nemmeno può esserlo. Il tempo ci dirà se avrà vinto la sua crociata o se invece seguirà il destino degli altri modelli di leadership, con la fiducia dei collaboratori sempre al 24 per cento.